Immagina di essere un centroboa, un campione. Alto 2 metri, 120 kg di muscoli, un mix incredibile di potenza, tecnica sopraffina e game instinct.
La predisposizione alla lotta, sopra e sott’acqua, la velocità di trasferimento da e per l’attacco. La capacità di leggere il gioco prima degli altri, di liberarsi e ricevere-deviare a rete un pallone che sorvola la testa del diretto avversario.
Immagina allora la quiete prima della tempesta.
Immagina di estraniarti dal rumore di ciò che ti circonda, e di restare solo con il rito pre-partita che consumi sul bordo vasca per avvicinarti alla battaglia: il sapone da strofinare sulle mani per aumentarne il grip, il copricostume, da infilare e stringere con maniacale precisione, la calottina da infilare, prendendo la misura con il mento prima di annodarla. Ti siedi, apri il contenitore delle lenti a contatto e con calma e la perizia di un chirurgo le applichi agli occhi.
E’ il momento: ti tuffi a occhi chiusi, li riapri lentamente per lasciare che le lenti facciano presa, guardi il mondo sommerso attorno a te, fatto di gambe che si muovono, di corpi in entrata dall’alto, di bolle.
Ora sei veramente pronto. Il fischio d’inizio è appena sfumato e tu sei già al centro, lotti sopra e sott’acqua, con energia, con violenza. Arriva il pallone, ma già 3 avversari sono sopra di te, uno ti affonda con la palla in mano, l’altro usa i tuoi lombari come trampolino per ripartire, spostandoti con forza.
Riemergi, riparti.
Tocca ancora a te, questa volta la palla è tua, giri l’avversario che non ci sta e ti strappa la calottina. E’ rigore, certo, ma la calottina è da buttare.
La cambi, ma non sarà l’unica cosa a non vedere la fine della partita, perché poco dopo anche il copricostume, lacerato, sarà da cambiare e ci sarà tempo perfino per mostrare graffi e lividi su braccia, gambe e schiena.
La partita finisce, tra colpi proibiti e giocate geniali, trattenute sommerse e scatti brucianti.
Sei di nuovo solo con te stesso negli spogliatoi, hai superato tutto questo: gli schizzi, le botte, le spinte, i pugni, gli affondamenti e le riemersioni vigorose, la calottina e il copri costume da buttare, forse anche il costume.
Seduto sulla panchina, torni ad essere il chirurgo di 1 ora fa, e con gli stessi delicati movimenti rimuovi le lenti a contatto, unico elemento, delicato e indistruttibile, ad essere sopravvissuto alla battaglia insieme a te.
Emergere dall’anonimato significa sedurre, incuriosire, sorprendere, esaltare. Non solo i tifosi, non solo noi stessi, ma anche gli sponsor.
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Il motivo di questa lunga descrizione? Strategia comunicativa: l’intero movimento, attraverso la FIN, deve assolutamente muovere alla ricerca di uno sponsor che attraverso possa dare un messaggio di massima affidabilità, di garanzia di sicurezza dei suoi prodotti.
Immaginate di vedere quanto avete appena letto sottoforma di sponsor per le lenti a contatto: non saremmo un incredibile messaggio di massima affidabilità e di garanzia di sicurezza per il prodotto?
Ecco, mi piacerebbe molto regalare questa idea alla FIN, perchè solo il rappresentante di un intero movmento può dar vita ad un progetto del genere, magari a vantaggio dell'intero movimento.Edoardo Osti
Illuminante, come spesso ti capita.
RispondiEliminaVeramente suggestivo... bravo!
RispondiEliminaGrazie Andrea e Fabrizio. Sapreste suggerire qualcosa di simile o di migliore della mia idea? Il mio blog, lo sapete, è vostro!
RispondiEliminaFantastico Edo. Mi hai dato una idea (l'ennesima) su cui lavorare.
RispondiEliminaCiao Tommaso, in realtà questo articolo l'ho scritto 2 anni fa. Segno che la pallanuoto non cambia, e tante vecchie idee possono sempre essere utilizzate a distanza!
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