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lunedì 21 maggio 2012

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Ricevo e volentieri pubblico una mail di Fabio Frison, relativa al tema "Pallanuoto contro tutti".



"La Federazione Italiana Nuoto (FIN), fondata nel 1899 come Federazione Rari Nantes e entrata nel CONI come FIN nel 1928, ha lo scopo di promuovere, organizzare, disciplinare e diffondere le discipline natatorie in Italia e all'estero. "

Questa è la prima fase nella sezione "chi siamo" sul sito della FIN.

Senza nascondersi dietro citazioni o frasi, ritengo doveroso che il primo intervento serio debba essere intrapreso dalla nostra federazione per una serie di motivi.


1° Ha i mezzi, le possibilità e "passatemi il termine" l'autorità per un progetto ad alto respiro.
2° Ha tutto l'interesse che il numero dei praticanti e la qualità dei praticanti aumenti in tutto il territorio e non solo a livello locale.



Il "fallimento" del gruppo Benetton ne è forse il più limpido esempio.
Un gruppo sportivo di altissimo livello, impegnato su 3 discipline, che non è riuscito, in rapporto ai propri successi, ad aumentare la passione ed il numero di praticanti a livello nazionale.

Il rugby, per esempio, ha visto un aumento di popolarità e di praticanti, con l'ingresso della propria nazionale al sei nazioni, non certo per i successi delle squadre di club.

L'errore più grosso che si può commettere, è quello di ragionare come si ragionerebbe con il calcio.
Nel calcio c'è più passione per le società di club rispetto alle nazionali. Per tutti gli altri sport invece è la nazionale, ed i suoi successi ad essere i più potenti mezzi per aumentare il numero di praticanti.

Secondo voi è più conosciuto Felugo o Zlokovic? Viceversa è più conosciuto Ibrahimovic o Grosso? Sono più conosciuti i fratelli bergamasco o Jonny Wilkinson.

Detto questo, anche le società sportive possono e devono fare qualcosa per "crescere in qualità e in quantità".
Non si può pensare che i bambini arrivino dal nulla oppure che gli sponsor arrivino dal nulla.
Ma forse prima bisogna chiedersi, se le società vogliono veramente aumentare il numero di praticanti.

Fare un'attività giovanile come si deve (propaganda, reclutamento, formazione, crescita in funzione della prima squadra e non del titolo di categoria, accompagnamento graduale e "seguito" alla prima squadra etc...) è faticoso, impegnativo e costoso.

E' molto più facile fare un corso di pallanuoto di 2 volte a settimana di 45' tenuto da un giocatore della prima squadra. E con i soldi risparmiati per lo spazio, per l'allenatore, la propganda etc... si pagano 5/6 giocatori e si fa un campionato con la prima squadra di vertice (a che scopo poi???)

Per non dilungarmi, infine la cosa che posso suggerire o consigliare a tutte le società è quella di curare l'immagine, prendendo anche, per chi se lo può permettere, una persona dedicata part time o full time (in base alle dimensioni della società) a tutte quelle attività extra al piano vasca.

Fabio Frison

E voi che ne pensate? inviateci una mail o postate un commento!

1 commenti:

  1. Proprio ieri chiacchieravo di pallanuoto con un amico, e le nostre idee erano divergenti, su chi dovesse prendere per mano la situazione per cercare di dare una svolta al trascinarsi di questa difficile situazione; lo spunto erano gli articoli di Osti. Da una parte lui che sottolineava l’importanza di quanto fatto dal Busto nel volley per rimarcare come fosse, primariamente,compito delle società far partire il vento di un cambiamento, dall’altra io che, pur apprezzando e condividendo, vedi commento nel blog, quanto fatto, ritenevo che fosse la Federazione a dover impostare il programma per un cambiamento.
    La mia tesi è che il cambiamento deve essere profondo e diffuso, ed alla domanda: quante società potrebbero trovare, in modo quasi casuale, dirigenti così diligenti e volenterosi da impostare un piano così articolato e di lungo periodo? La risposta è certamente: un numero quasi irrisorio rispetto ad un panorama comunque ampio e variegato. L’organo centrale può invece impostare un programma lento e lungo che porti le società ad evolvere, alcune la seguiranno prima e più velocemente, altre più lentamente e con minor precisione, ma si potrà ottenere un cambiamento più ampio ed uniforme, pur nella particolarità delle diverse situazioni.
    L’esempio che ognuno di noi portava a supporto della sua tesi era ti tipo turistico; lui ricordava come l’arrivo di turisti tedeschi avesse portato i singoli operatori della riviera romagnola ad evolvere verso forme di organizzazione che si sono rivelate a lungo vincenti. Quindi una soluzione dal basso.
    Io esemplificavo i problemi del turismo in Calabria, regione bellissima, ma dalla scarsissima organizzazione. Seppure un certo numero di operatori, singolarmente, dovesse organizzare al meglio la sua recettività, sarebbe comunque un numero limitato e questo non risolverebbe significativamente i problemi turistici delle regione.
    Solo un organo centrale può predisporre un piano pluriennale per la formazione di un gruppo dirigenziale che porti le strutture ricettive a meglio organizzarsi, così come solo un organo centrale può organizzare, con il supporto delle organizzazioni di categoria, un piano di trasporti, pubblicità, ecc. di ampio respiro, che consenta di conoscere meglio le bellezze e l’organizzazione delle regione, e di portare più clienti e più facilmente a goderne. Sarà poi ogni singola struttura a migliorare la sua personale organizzazione, immagine, ecc. per poter ottenere i migliori effetti, rendere più attraente la struttura risparmiando, far evolvere la comunicazione per attirare più clienti rispetto alle altre strutture concorrenti, regionali e non. Sarà l’organo centrale ad imporre regole minime per poter operare, saranno poi le singole strutture a sfruttare meglio o peggio queste regole/opportunità.
    Per questo motivo condivido, seppure per motivi diversi, l’opinione di Frison. Quello che ha fatto la FIR è solo un pezzo del complesso puzzle di iniziative necessarie, equivale alla pubblicità della regione Calabria per migliorare la sua immagine. Serve un piano di miglioramento dell’organizzazione delle società, non solo corsi verso i tecnici, ma soprattutto formazione manageriale, e regole minime per poter operare nelle diverse categorie che consenta di creare una cultura diffusa che faccia da base ad una specializzazione locale che si adatti alle diverse situazioni.; non esiste una soluzione uguale per tutti.
    Occorre poi un accordo con organizzazioni esterne che supporti tutto il movimento, così come i turisti devono muoversi per raggiungere le diverse località anche le squadre devono farlo ed un accordo nazionale è certo un buon viatico, ma è solo un esempio delle esigenze condivise che si possono accordare con sinergie positive.
    Per chiudere non dimentico il ruolo delle società che devono controllare, stimolare e supportare l’organo centrale, ove questo non svolga, o svolga male e parzialmente, il suo ruolo istituzionale, senza appiattirsi sulle sue posizioni per godere delle poche briciole che distribuisce, ma per tendere ad una torta più ampia per tutti.

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