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venerdì 17 maggio 2013

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Ho chiesto a Mino di Cecca di intervenire sull'argomento in questione. Ho pensato a lui perché nella vita
ricopre il duplice ruolo di allenatore di pallanuoto e di insegnante a scuola.
Ho pensato che l' esperienza parallela gli permettesse di avere una visione più profonda del delicato tema in questione.
Mai avrei pensato che sarebbe andato così in profondità.
Eccovi una testimonianza molto importante.

Sei un genitore? Paga, zitto e guida... Qualche giorno fa, Edoardo mi ha contattato per dedicare, a una iniziativa del suo blog, dieci minuti del mio tempo...

Quando ho visto il titolo, ho sprecato tutti i dieci minuti a riflettere. 

L'argomento non è dei più facili, anzi. Durante quei dieci minuti ho pensato tanto al significato di quelle parole, alla situazione italiana di questo momento, all'atteggiamento di mio padre quando ero piccolo e giocavo nella piscina della mia città. 
Paga, zitto e guida... 
Non mi piacciono, non sono nella mie corde. Lo devo alla persona che dormiva in macchina aspettando che finivo l'allenamento perché l'allenatore non gli permetteva di poter entrare in piscina a guardarmi.

Lo devo alla moglie che, a distanza di venti anni, mi ha confidato che, quando avevo 15 anni, aveva parlato con l'allora mio allenatore per fargli capire che aveva sbagliato... ma a me non l'aveva detto. 

Se devo essere fiero nella mia vita... è per aver avuto due genitori stupendi. 

Come insegnate di sostegno quest'anno seguo una ragazza orfana, quanto vorrei darle cose che non avrà mai! I genitori per i ragazzi sono TUTTO. Sono una guida, sono la tranquillità, sono l'educazione, sono la loro voglia di arrivare. 

Di un ex presidente ricorderò sempre queste parole: "non puoi sostituirti ai genitori". Aveva ragione e l'ho capito con il passare del tempo. Spesso confondiamo il nostro ruolo di allenatore. Pensiamo di essere i detentori del potere assoluto delle menti dei nostri ragazzi. Influiamo sulle loro scelte e su quelle delle famiglie additando al fatto che quando eravamo piccoli... avevamo più fame di loro. 

Ahimè, i tempi cambiano. I ragazzi passano con noi, in piscina, parte della loro giornata. Abbiamo una potenzialità incredibile sull'insegnamento dei valori perché  in una società che va a rotoli, siamo gli unici a mettere regole precise che non possono non essere rispettate. 

Ma poi i ragazzi vivono altre sei ore a scuola, 4 sui libri e su facebook, poi qualche minuto con gli amici... Non siamo unici!

Lo scorso anno ho fatto il regista di un'opera teatrale a scuola... mi è cambiata la vita, sono sfumate tante mie certezze. Ero convinto che la mia passione per la pallanuoto superasse ogni interesse, mi sono accorto che quello che per noi è solo una stupidaggine, per chi la vive quella stupidaggine, è bella come la finale dell'Europeo di pallanuoto.

Ripeto, noi siamo una parte bella della vita di un ragazzo e il nostro assolutismo a volte ci torna contro.

Poi, come in tutte le cose, c'è il rovescio della medaglia. I genitori questo discorso lo capiscono poco. Si comincia a portare il figlio a fare sport per problemi fisici, però, dopo qualche anno, i problemi fisici potrebbero essere dei loro allenatori (due giorni fa un genitore ha ferito un allenatore di tennis). 

Cosa cambia? Non lo so! Penso che l'intoppo sia nella proiezione vincente dei desideri dei genitori, i figli sono il loro prolungamento: ogni utile scappellotto per correggerli, loro lo sentono sulla propria pelle.
Quando giocavo con il Latina (proprio al Foro contro la Lazio di Vittorioso) il mio allenatore non mi ha fatto entrare in acqua. Mia madre era più dispiaciuta di me. Lo ricordo ancora. Conoscevo il motivo per cui non avevo giocato. Facile, non ero abbastanza bravo. Mia madre pensava fossi mortificato, io, invece, consideravo la scelta del tecnico una conseguenza di miei errori.

I genitori vorrebbero sempre soddisfatti i sacrifici dei propri figli, non sapendo che proprio quel sacrificio un giorno tornerà utile. 

Gli allenatori ne chiedono sempre di più, non sapendo che un giorno gli tornerà contro. Il rapporto tra i genitori e gli allenatori è sempre al limite della sopportazione, ma se nessuno dei due fa un passo avanti verso l'altro, si arriva fatalmente allo scontro. 

Finisco per dare un consiglio che spero possa essere di aiuto. 
A scuola sono insegnante di sostegno... questo vuol dire: essere un punto di riferimento per la classe. 
Lavoro tanto sulle menti dei ragazzi (bravi e meno bravi), poi riassumo agli insegnanti quali sono le strategie migliori per aiutarli. 
I risultati che ho ottenuto sono fantastici, le classi cambiano radicalmente. 
Ho veramente il piacere di andare a lavorare perchè ogni giorno provo una soddisfazione nuova. 
I genitori questo lo percepiscono. Vengono da me per i colloqui e mi chiedono tanti suggerimenti. 
Quelli che sono più combattivi, mi salutano con il sorriso appena finiamo di parlare. 
L'insegnante di classe deve essere esigente e chiedere sempre di più agli alunni, io devo trovare una soluzione per ammorbidire le dinamiche conflittuali. 

Insieme funzioniamo.

Nella Lazio questo ruolo è inverso. Io sono l'insegnante che pretende (e pretende tanto, c'è l'A1 dietro l'angolo, un sogno per molti, una fortuna per loro), Riccardo Di Prete l'insegnante (dirigente) che mi sostiene.

Insieme funzioniamo. 

Se ogni associazione sportiva avesse una persona dedicata al rapporto con i genitori, che vive in sintonia con l'allenatore (che lo sappia anche criticare), ci sarebbe una risorsa importantissima per il buon andamento sportivo di tutte le componenti della società. 

Sostenere vuol dire far vedere tutti gli aspetti dell'educazione che non sia solo quella alla vittoria.


 

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1 commenti:

  1. complimenti all'intervento del Sig.Di Cecca.Un allenatore che ha anche l'esperienza scolastica e quindi di rapporto con i genitori.Ragazzi in crescita,fisica e mentale di cui non bisogna sottovalutare le eventuali difficoltà anche se questi a volte si fanno crescere più in fretta dovendo giocare in squadra con adulti,con allenamenti più impegnativi di coetanei e che devono scontrarsi anche con problemi scolastici e a volte famigliari.Ritengo quindi che il dialogo,cioè la comunicazione sia basilare con i ragazzi stessi e di condivisione con i genitori.Con i ragazzi molto spesso, con i genitori quando lo si ritenga opportuno;allo stesso tempo ritengo che il giovane debba sentire di potersi confrontare con il suo allenatore(come con il genitore),adulto di riferimento in piscina e che un genitore possa dialogare con l'allenatore nel momento in cui lo ritenga importante.Insieme per la maturazione di un individuo.Non mi si fraintenda.anche io penso che,così come a scuola,a volte alcuni genitori esagerino nell'interferenza,ma una buona organizzazione e chiarezza potrebbero essere di aiuto.E' vero anche che non tutti gli addetti,così come non tutti i genitori,sanno essere equilibrati e attenti.Sento e leggo tante belle parole su molti argomenti da addetti e non ,sul mondo della pallanuoto in cui mi ritrovo da qualche anno grazie a mio figlio,e ritengo che a volte non vengano seguite da fatti altrettanto belli.Quasi tutti si diventa genitori ed è il mestiere più difficile quasi come quello di chi lavora con i giovani.Comunicare,in un mondo di comunicazione, quella interpersonale è quella che si sta perdendo.In bocca al lupo a tutti.Con stima marzia Pellarini

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